Il reato di disobbedienza all’ordine e non punibilità per particolare tenuità del fatto

Pubblicato il 14 luglio 2025 alle ore 09:29

Con il D.Lgs. del 16 marzo 2015, n. 28 il Legislatore ha espressamente previsto l’applicabilità, anche ai reati commessi dagli appartenenti alle Forze dell’Ordine, della fattispecie disciplinata ex art. 131bis c.p. integrante l’ipotesi di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La fattispecie codicistica, invero, disciplina l’ipotesi per cui, pur in presenza di un fatto tipico e sussumibile in una norma penale incriminatrice, il fatto stesso debba considerarsi non punibile in quanto, tenuto conto della concreta lesione all’interesse giuridico protetto dalla norma, la previsione di una sanzione penale sarebbe sproporzionata rispetto al fatto-reato posto in essere.

Più in particolare, a seguito della c.d. Riforma Cartabia, nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a quattro anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo (valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma), anche in considerazione della condotta susseguente al reato, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

Il Legislatore, dunque, nel chiaro intento di consentire la deflazione dei carichi giudiziari, nel rispetto dei principi fondamentali di offensività, sussidiarietà e proporzionalità dell’azione penale, ha espressamente previsto la esclusione della punibilità del fatto che, sebbene astrattamente sussumibile in una ipotesi di reato, nel concreto, tenuto conto del minimo grado di offensività, non merita di essere punito.

Detta scriminante, in forza del D.Lgs. sopra richiamato, risulta applicabile anche al fatto reato posto in essere dal militare che, disobbedendo all’ordine impostogli dal superiore, a causa della particolare lesività del fatto, andrà esente da sanzione.

Occorre precisare che l’art. 1347 del codice dell’ordinamento militare (d.lgs. 15.3.2010, n. 66, d’ora in poi Com) definisce l’obbedienza come l’«esecuzione pronta, rispettosa e leale degli ordini attinenti al servizio e alla disciplina, in conformità al giuramento prestato», e impone come assoluto il dovere di darvi attuazione, purché non si tratti di ordini manifestamente criminosi o rivolti contro le Istituzioni dello Stato, nel qual caso ricorre un opposto dovere di astensione (art. 1349 Com).

L’art. 1346 Com impone, poi, al militare di osservare «con senso di responsabilità e consapevole partecipazione tutte le norme attinenti alla disciplina e ai rapporti gerarchici» e riporta alla disciplina militare «l’osservanza consapevole delle norme attinenti allo stato di militare in relazione ai compiti istituzionali delle Forze armate e alle esigenze che ne derivano».

Ovviamente, intanto è configurabile il reato di disobbedienza del subordinato (p. e p. ex art. 173 cod. pen. militare di pace) solo se ed in quanto sussista un superiore gerarchico che abbia impartito un ordine inerente al servizio.

Presupposto di operatività della norma è, dunque, l’esistenza di un rapporto di subordinazione gerarchica di chi disobbedisce all’ordine nei confronti di chi lo intima.

L’ordine deve essere emanato da un soggetto avente poteri di supremazia (in grado o in comando) e deve essere indirizzato a un individuo gravato da un vincolo di subordinazione operante nei riguardi di chi rivolge l’ordine.

Tale vincolo può manifestarsi anche nei confronti di un superiore dal quale il militare non dipende direttamente e che gli intimi un comando; occorre, tuttavia, che il superiore diretto sia reso immediatamente edotto dell’ordine ricevuto – secondo quanto prevede l’art. 729 co. 1 lett. c) d.P.R. 15.3.2010 n. 90 (costituente il testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare) – affinché non si creino le premesse di inefficienza del servizio, dovuta al mancato coordinamento fra i comandi.

V’è tuttavia da precisare che, non si configurerà il reato di disobbedienza ex art 173 cod. pen. militare di pace allorquando, pur in presenza di un ordine reso da parte del superiore nei confronti dell’inferiore, questo non abbia alcuna attinenza al servizio militare.

La valutazione circa la conformità dell’ordine al servizio è rimessa al Giudice penale, il quale dovrà verificare che sotto il profilo oggettivo vi sia conformità dell’atto ai presupposti formali e sostanziali richiesti dalla normativa che descrive le condizioni di esercizio della prerogativa; esigenza di conformità cui soggiace, evidentemente, lo stesso superiore che emana l’ordine.

Ebbene, nel reato di disobbedienza del militare, l'offensività della condotta deve essere parametrata all'incidenza dell'ordine violato in relazione alla regolarità ed alla efficienza del servizio.

Di fatti, non ogni violazione all’imperativo penale determina la conseguente e necessaria lesività dell’interesse giuridico tutelato e ciò, in quanto, il Giudice chiamato a decidere nel merito, dovrà valutare gli indici previsti ex art. 133 c.p. al fine di verificare che effettivamente l’illecito posto in essere sia sanzionabile.

In tema di causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che l'esigibilità del disvalore, a fronte di fatto che integra la fattispecie tipica, è frutto di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno ed alla colpevolezza (Cass. Pen., Sez. Un., 6 aprile 2016, n. 13681).

Ebbene, il riferimento alle “modalità della condotta” ricomprende anche l'analisi dell'elemento soggettivo del reato, il che consente di valorizzare anche le condizioni soggettive che hanno determinato, sul piano psicologico, la commissione dell’illecito.

Inoltre, nei reati di mera condotta l'applicazione della disposizioni di cui all'art. 131-bis c.p., è sempre possibile e la valutazione in ordine all'offesa del bene giuridico protetto deve avvenire al momento della condotta secondo un giudizio prognostico ex ante (Cass. Pen., Sez. III, 30 luglio 2020, n. 23184).

In questo senso, nel caso di disobbedienza del militare, ex art. 173 cod. pen. mil. pace, la rilevanza e offensività della condotta andrà parametrata alle circostanze di fatto in cui si è verificata la violazione ed alla incidenza dell'ordine violato, quantomeno in prospettiva, sulla regolarità ed efficienza del servizio (Cass. Pen., Sez. I, sentenza 3 settembre 2024, n. 33369).

Conseguentemente, il Giudice penale investito della fattispecie di disobbedienza del militare ad un ordine impartito, dovrà pronunciare sentenza di non doversi procedere ex art 131bis c.p., allorquando il fatto, tenuto conto di tutti i parametri previsti ex art. 133, 1° co., c.p. non appaia così rilevante da determinare l’applicazione della sanzione penale che, viceversa, risulterebbe eccessivamente gravosa e sproporzionata rispetto all’illecito posto in essere.

Avv. Grazia Iorio

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